venerdì 20 maggio 2016

sabato 6

Il solido fondamento di Dio rimane in piedi, avendo questo suggello: "Geova conosce quelli che gli appartengono", e: "Chiunque nomina il nome di Geova rinunci all'ingiustizia" (2 Tim. 2:19)



Ai giorni dell'apostolo Paolo, alcuni sedicenti cristiani avevano adottato falsi insegnamenti, pur continuando a far parte della congregazione. A un osservatore superficiale la differenza tra questi apostati e gli altri cristiani poteva non essere evidente. Ma la loro apostasia rappresentava un pericolo, perché questi lupi in manto da pecora avevano iniziato a "[sovvertire] la fede di alcuni" (2 Tim. 2:16-18). Paolo era sicuro che Geova fosse in grado di riconoscere l'adorazione ipocrita ed era altrettanto convinto che sapesse identificare quelli che gli ubbidiscono. Palesò questa sua ferma convinzione quando sotto ispirazione scrisse a Timoteo. Dopo aver menzionato i danni spirituali che quegli apostati stavano già causando ad alcuni nella congregazione, scrisse le parole della scrittura di oggi. w14 15/7 1:3, 4

venerdì 5

Dio non dimora in templi fatti con mani (Atti 17:24)



Ha davvero senso cercare Dio? Sì, visto che egli vuole farsi trovare da noi. L'apostolo Paolo lo disse chiaramente quando diede testimonianza a una folla radunata sull'Areopago, da cui si vedeva il Partenone, tempio dedicato ad Atena, dea protettrice dell'antica Atene. Immaginate di trovarvi là e di udire Paolo che parla dell'"Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso", il quale, dice, "non dimora in templi fatti con mani". Poi aggiunge che "ha fatto da un solo uomo ogni nazione degli uomini, perché dimorino sull'intera superficie della terra, e ha decretato i tempi fissati e i limiti stabiliti della dimora degli uomini, perché cerchino Dio, se possono andare come a tastoni e realmente trovarlo, benché, in effetti, non sia lontano da ciascuno di noi" (Atti 17:25-27). Pertanto è possibile trovare Dio. Più di sette milioni e mezzo di testimoni di Geova ci sono riusciti, e lo amano di cuore. w14 15/6 1:5

giovedì 4

Quando qualcuno risponde a una questione prima di averla udita, questo da parte sua è stoltezza e umiliazione (Prov. 18:13)



Prima di spiegare nel dettaglio cosa insegna la Bibbia su un certo argomento, sarebbe meglio scoprire in cosa crede veramente il nostro interlocutore, altrimenti potremmo perdere un sacco di tempo a confutare un'idea in cui nemmeno credeva (1 Cor. 9:26). Domande fatte con tatto ci permettono di scoprire perché una persona ha una certa opinione. Per esempio, quando nel ministero qualcuno ci dice di non credere in Dio, la nostra prima reazione potrebbe essere quella di concludere che è stato influenzato da teorie come l'evoluzione (Sal. 10:4). Alcuni, però, non hanno più fede in Dio a motivo delle tante sofferenze viste o subite in prima persona. Hanno difficoltà a conciliare le sofferenze con l'esistenza di un Creatore amorevole. Domande ben ponderate ci permetteranno di stabilire il modo migliore per aiutare il nostro interlocutore a livello spirituale (Prov. 20:5). w14 15/5 1:3, 5

mercoledì 3

Non fate nulla per contenzione o egotismo, ma con modestia di mente, considerando che gli altri siano superiori a voi (Filip. 2:3)



Cos'è l'umiltà? In questo mondo dominato dall'orgoglio, alcuni possono pensare che l'umiltà sia indice di debolezza o di mancanza di autostima. Spesso, però, è vero l'esatto contrario: per mostrare umiltà ci vogliono forza e coraggio. L'umiltà è stata definita come l'atteggiamento opposto all'orgoglio e all'arroganza. Nelle Scritture Greche Cristiane la parola tradotta "umiltà" può essere resa "modestia di mente". Tutto parte dal modo in cui consideriamo noi stessi. "Umiltà è essere consapevoli di quanto piccoli siamo di fronte a Dio", afferma un dizionario biblico. Mostrarci davvero umili agli occhi di Dio ci impedirà di sentirci superiori agli altri (Rom. 12:3). Per gli esseri umani imperfetti non è facile coltivare umiltà. Ma possiamo imparare a essere umili se riflettiamo sulla posizione che abbiamo di fronte a Dio e se seguiamo le orme di suo Figlio. w15 15/2 1:4

martedì 2

Mosè scelse di essere maltrattato col popolo di Dio piuttosto che avere il temporaneo godimento del peccato (Ebr. 11:24, 25)



Grazie agli occhi della fede Mosè capì che il "godimento del peccato" era effimero. Qualcun altro avrebbe potuto pensare che l'Egitto, benché imbevuto di idolatria e spiritismo, era comunque diventato una potenza mondiale, mentre i servitori di Dio erano schiavi. Mosè però sapeva che Geova poteva cambiare le cose. Per quanto quelli che indulgevano nei piaceri sembrassero godersi la vita, era sicuro che alla fine avrebbero pagato lo scotto delle loro azioni. Così non si fece ingannare dal "temporaneo godimento del peccato". Come possiamo resistere al "temporaneo godimento del peccato"? Non dimentichiamo mai che il piacere che ne deriva è fugace. Usiamo gli occhi della fede per vedere come "il mondo passa e pure il suo desiderio" (1 Giov. 2:15-17). Riflettiamo sul futuro di quelli che peccano senza pentirsi (Sal. 73:18, 19). Quando siamo tentati di commettere un peccato, chiediamoci: "Che futuro voglio per me?" w14 15/4 1:2, 4, 5

lunedì 1

Hai nascosto queste cose ai saggi e agli intellettuali e le hai rivelate ai bambini (Matt. 11:25)



Naturalmente Gesù non intendeva dire che i suoi discepoli fossero dei bambini in senso letterale. Apparivano tali se paragonati alle persone colte e intellettuali, che erano sagge ai propri occhi. Cosa ancora più importante, Gesù insegnò ai suoi seguaci a essere come bambini, cioè umili e ricettivi (Matt. 18:1-4). Di che beneficio fu per loro l'umiltà? Per mezzo dello spirito santo Geova li aiutò ad afferrare importantissime verità spirituali. I saggi e gli intellettuali che li schernivano, invece, erano accecati da Satana e dalla loro presunzione. Non sorprende che Gesù fosse così felice! Vedere il modo in cui Geova aveva rivelato profonde verità spirituali a persone umili di ogni sorta, a prescindere dalla loro istruzione o dalle doti intellettuali, lo riempiva di gioia. Era felice che suo Padre avesse approvato questo modo di insegnare. w15 15/3 1:2, 3

domenica 31

Dico queste cose come il Padre mi ha insegnato (Giov. 8:28)



I figli di Noè aiutarono il padre a costruire l'arca e poi vi entrarono (Gen. 7:1, 7). Avendo apprezzato ciò che avevano ricevuto da lui, ebbero il privilegio di contribuire alla salvezza del genere umano e al ristabilimento della vera adorazione su una terra purificata (Gen. 8:20; 9:18, 19). Nel 617 a.E.V. Hanania, Misael, Azaria e Daniele furono portati a Babilonia. Si sarebbero potuti inserire senza alcuna difficoltà in quell'ambiente. Ma non lo fecero. Dal modo in cui agirono è evidente che non dimenticarono la loro eredità, ciò che era stato loro insegnato. I quattro furono riccamente benedetti per essersi attenuti alle verità spirituali imparate da piccoli (Dan. 1:8, 11-15, 20). Gesù ricevette molto da suo Padre e apprezzò davvero ciò che gli fu insegnato. Inoltre era suo desiderio che anche altri beneficiassero di ciò che aveva imparato (Luca 4:18, 43). Aiutò i suoi ascoltatori a comprendere il bisogno di 'non far parte del mondo' (Giov. 15:19). w14 15/12 4:9-11